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Penne Moderne Italiane / Alle volte un po' di moderno ci vuole
« Ultimo post da turin-pens il Oggi alle 12:22:01 »
Tra le aziende italiane nate in tempi relativamente recenti, la Visconti di Firenze è probabilmente il brand che meglio ha saputo evolversi, proponendo modelli e concetti davvero interessanti. Tra questi spicca senza dubbio la Homo Sapiens, una stilografica che, pur non incontrando del tutto i miei gusti estetici, presenta alcune peculiarità degne di nota, a partire dal materiale impiegato: una resina innovativa ottenuta dalla lava vulcanica.

Anche il sistema di chiusura a baionetta ha il suo fascino, sebbene — come ho potuto constatare — tenda in alcuni casi a usurarsi piuttosto rapidamente.

Personalmente non apprezzo le finiture in bronzo. Trovo che, come accade con l’argento, se non adeguatamente trattato, questo materiale possa lasciare un odore sgradevole sulle mani.

Il materiale del corpo è molto piacevole al tatto, meno alla vista. Non so bene perché, ma visivamente mi dà sempre l’impressione che la penna sia sporca.

Nel complesso, però, la Homo Sapiens rimane una penna interessante.













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Complimenti Antonio, tutta roba buona!
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A questo punto, con buona probabilità vi starete chiedendo: a cosa serve tutto questo?

Ecco qualche esempio pratico.

L'immagine seguente è stata scattata alla massima apertura consentita dall’obiettivo utilizzato, ovvero f/2.8. Come potete notare, la zona di massima nitidezza è piuttosto ridotta.



Chiudendo il diaframma a f/11 — valore al quale questo obiettivo offre le migliori prestazioni ottiche — si ottiene un aumento della profondità di campo apparente, con un conseguente ampliamento dell’area percepita come nitida e leggibile.



Tuttavia, se ingrandiamo le estremità del fotogramma, ci accorgiamo che ciò che a prima vista sembrava nitido, in realtà non lo è: risulta comunque sfuocato, sebbene meno rispetto allo scatto a f/2.8.





Applicando invece la Regola di Scheimpflug, il risultato cambia radicalmente: la profondità di campo non è più solo apparente, ma reale. L’unico vero limite diventa la risoluzione del sensore digitale. Più è elevata, maggiore sarà il livello di dettaglio fine che si riesce a catturare — a patto, ovviamente, che anche l’obiettivo abbia un alto potere risolvente.

Per questa dimostrazione ho utilizzato una vecchia mirrorless Sony Nex-5, dotata di un sensore da 14,2 megapixel, prodotta tra il 2010 e il 2012.







Il vantaggio pratico? Realizzare meno scatti, ma con un numero significativamente maggiore di dettagli utili. Il vero limite diventa solo la risoluzione del sensore. Il risultato: si lavora con maggiore velocità, precisione ed efficienza.
In altre parole: massima resa, minima fatica.
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Caccia & Caccia - I risultati delle nostre scorribande / Nel weekend...
« Ultimo post da fockerwulf il Giugno 16, 2025, 16:29:38 pm »
Tra sabato e domenica nei soliti mercatini da me frequentati ho potuto cacciare: una Omas Extra ogivale misura grande, color marrone, pennino oro 585 originale molto flessibile, credo una M, in ottime condizioni, funzionante; una MB 149 anch'essa in ottime condizioni, pennino fine; una base per stiloforo Omas in buone condizioni. Inoltre, al di fuori della nostra passione, ho portato a casa una serie di provette con relativo supporto, per utilizzo, suppongo profumeria, visto i nomi sulle etichette, abbastanza datato.
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Chiedi agli utenti del forum... / Re:Aiuto nella scelta
« Ultimo post da gillosiano il Giugno 15, 2025, 16:08:27 pm »
Grazie a tutti per i suggerimenti!

Alla fine avevo individuato un modello che mi interessava e mi sono fatto inviare una proposta con uno sconto “a loro giudizio” del 50%. Con mia sorpresa, però, lo stesso modello era disponibile su Amazon a un prezzo inferiore, con uno sconto "amazon" del 30%...

Ho chiesto chiarimenti sul calcolo dello sconto, e mi è stato detto che facevano riferimento al listino ufficiale. Comprensibile, ma poco convincente.

Alla fine ho preferito non procedere con l’acquisto. Come gesto di cortesia, comunque, mi hanno inviato due converter… che sono sempre benvenuti!
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Qui ad esempio possiamo vedere alcune delle possibilità di movimento di un obiettivo macro tilt/shift nello specifico il Nikon PC Micro-Nikkor 85mm f/2.8D Tilt&Shift







Nello specifico, è l'obiettivo che uso più sovente e che grazie al fatto di essere completamente manuale, posso tramite opportuni adattatori, usare su qualsiasi corpo macchina Aps-C oppure Full Frame a mia disposizione.

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Quando, per qualsiasi motivo, si ha la necessità di fotografare una penna e si desidera andare oltre la semplice immagine scattata con lo smartphone per WhatsApp o i social, ci si rende conto in pochi istanti che la penna stilografica – così come le ballpoint e le roller – è tutt’altro che semplice da fotografare, soprattutto quando si vuole superare la classica ripresa dall’alto. Ancora più complicato è quando si ha l’esigenza di catturare qualche dettaglio in macro.

I principali nemici da affrontare sono due: la ridotta profondità di campo (che si traduce in una limitata porzione del soggetto perfettamente a fuoco) e la scarsa nitidezza generale.

Per quanto riguarda la nitidezza, la soluzione migliore è affidarsi a obiettivi macro, molto più nitidi e contrastati rispetto agli obiettivi normali, soprattutto alle distanze ravvicinate, grazie a schemi ottici appositamente progettati.

Il rovescio della medaglia è che, all’aumentare del rapporto di riproduzione, la profondità di campo diminuisce, arrivando a pochi millimetri quando si raggiungono rapporti di 1:1 o superiori.

Per ottenere la nitidezza tipica degli obiettivi macro, mantenendo però una profondità di campo elevata, esistono da anni obiettivi macro con funzionalità Tilt/Shift. Questi sono in grado di offrire, in un’unica soluzione, elevati rapporti di riproduzione, straordinaria nitidezza ed eccellente profondità di campo.

Lo svantaggio è che si tratta di obiettivi rari, costosi e difficili da utilizzare, con una curva di apprendimento piuttosto ripida, poiché sono completamente manuali e privi di qualsiasi automatismo o controllo elettronico.

I vantaggi, però, sono numerosi: una volta acquisita familiarità con il loro utilizzo, si rivelano estremamente rapidi, costanti nei risultati e... danno dipendenza! Dopo averli provati, si tende a volerli usare per tutto – caffè compreso – poiché le possibilità sono praticamente infinite. L’unico vero limite è la nostra fantasia e la nostra abilità.

In ambito "pennifero", l’uso di obiettivi Tilt/Shift consente di ottenere una profondità di campo praticamente infinita, senza ricorrere a complesse tecniche digitali come il focus stacking. E tutto questo con una rapidità impareggiabile.

Ma come funzionano questi obiettivi? Semplificando moltissimo applicando la Regola di Scheimpflug che mi limiterò a descrivere con la pagina wikipedia dedicata

Da Wikipedia

La regola o condizione di Scheimpflug afferma che, per un sistema ottico, i piani focali dell'obiettivo, del soggetto e dell’immagine si incontrano su una stessa retta. Come caso limite, quando i tre piani sono tra essi paralleli si incontrano all'infinito.

In fotografia tale regola si applica agli apparecchi a corpi mobili e viene definita nella maniera seguente: quando il piano su cui giace il soggetto, il piano nodale posteriore dell'obiettivo e il piano focale si incontrano in un'unica retta, si ottiene la piena messa a fuoco del soggetto indipendentemente dal diaframma utilizzato. Questa regola è alla base del funzionamento e dell'utilizzo degli obiettivi basculabili per la regolazione del piano di messa a fuoco in fotografia.

La regola è stata elaborata e prende il proprio nome da Theodor Scheimpflug.



https://it.wikipedia.org/wiki/Regola_di_Scheimpflug

Alcune fotografie realizzate applicando la regola di Scheimpflug usando un obiettivo macro tilt/shift.












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Un bel bottino, complimenti!

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Quanto ci racconti, documentato in modo esauriente dalle immagini, è a dir poco sconcertante. Le Delta non hanno mai brillato sotto il profilo tecnico, però mediamente erano penne gradevoli: ricordo la serie Novecento" in ebanite e più avanti la Dolcevita, decisamente belloccia nella sua livrea giallo - nera. Le cose più tragiche sono successe quando la casa napoletana ha voluto cimentarsi con la celluloide (o quel che era) con penne tipo la Pompei, che si distruggeva per il veloce deterioramento del materiale. Però insomma, volendo scavare tra le ceneri della Delta qualcosa di buono si poteva trovare su cui basare una rinascita del marchio: il design di alcuni modelli, i materiali utilizzati (celluloide a parte), per esempio. Ci sarebbe stato invece da concentrarsi sul migliorare il gruppo scrittura, sempre abbastanza carente sulle penne Delta. Cosa avviene invece? Che si va a rispolverare un materiale come la galalite (ricavata dalla caseina del latte) che esteticamente potrebbe anche andare, ma che è igroscopico e messo a contatto prolungato con l'acqua l'assorbe deformandosi irrimediabilmente. D'accordo che l'immersione in acqua può essere evitata, ma se la penna dovesse avere successo inevitabilmente succederebbe che qualcuno ignaro la metta a bagno per pulirla. E tutto questo a fronte di quali vantaggi? Quello di chiamare "Bio" la penna? Mi pare che oggi siano disponibili materiali moderni per tutti i gusti, e se si vuole proporre qualcosa di "vintage" ci sia sempre la vecchia ebanite che non ha mai tradito. Ma manca ancora l'ultimo tocco: quello di andare a scovare sul mercato la condotta più oscena tra quelle esistenti da abbinare ad un pennino da sufficienza stiracchiata. Ma a Napoli non si sono accorti che penne stanno proponendo i cinesi per modestissime somme? Ma davvero pensano di trovarsi spazi sul mercato con prodotti simili?

Dici bene, Tra l'altro se anche il taglio capillare fosse stato realizzato correttamente, data la propensione alla deformazione della condotta, è impossibile che il capillare rimanga stabile. Nel senso pur ammettendo che sia stato realizzato correttamente o dalla Delta o da chi per loro, il solo stress meccanico dato dall'assemblaggio o un eventuale smontaggio mal eseguito, possono essere sufficienti per deformare sia la condotta che il capillare in modo quasi irrecuperabile. Difatti osservando bene le fotografie la condotta pappare come ritorta su se stessa.
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Quanto ci racconti, documentato in modo esauriente dalle immagini, è a dir poco sconcertante. Le Delta non hanno mai brillato sotto il profilo tecnico, però mediamente erano penne gradevoli: ricordo la serie Novecento" in ebanite e più avanti la Dolcevita, decisamente belloccia nella sua livrea giallo - nera. Le cose più tragiche sono successe quando la casa napoletana ha voluto cimentarsi con la celluloide (o quel che era) con penne tipo la Pompei, che si distruggeva per il veloce deterioramento del materiale. Però insomma, volendo scavare tra le ceneri della Delta qualcosa di buono si poteva trovare su cui basare una rinascita del marchio: il design di alcuni modelli, i materiali utilizzati (celluloide a parte), per esempio. Ci sarebbe stato invece da concentrarsi sul migliorare il gruppo scrittura, sempre abbastanza carente sulle penne Delta. Cosa avviene invece? Che si va a rispolverare un materiale come la galalite (ricavata dalla caseina del latte) che esteticamente potrebbe anche andare, ma che è igroscopico e messo a contatto prolungato con l'acqua l'assorbe deformandosi irrimediabilmente. D'accordo che l'immersione in acqua può essere evitata, ma se la penna dovesse avere successo inevitabilmente succederebbe che qualcuno ignaro la metta a bagno per pulirla. E tutto questo a fronte di quali vantaggi? Quello di chiamare "Bio" la penna? Mi pare che oggi siano disponibili materiali moderni per tutti i gusti, e se si vuole proporre qualcosa di "vintage" ci sia sempre la vecchia ebanite che non ha mai tradito. Ma manca ancora l'ultimo tocco: quello di andare a scovare sul mercato la condotta più oscena tra quelle esistenti da abbinare ad un pennino da sufficienza stiracchiata. Ma a Napoli non si sono accorti che penne stanno proponendo i cinesi per modestissime somme? Ma davvero pensano di trovarsi spazi sul mercato con prodotti simili?
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