Collezionare Hi-Fi vintage è stupendo; solo che purtroppo presuppone un sacco di spazio che personalmente non ho.
Decretare la validità musicale di questi oggetti al giorno d'oggi, secondo me non è semplice ed occorre fare molte distinzioni. Tanto bisogna selezionare apparecchi che al loro tempo erano di una qualità elevata: i vari ampli che spacciavano potenze di centinaia di Watt, erano dotati di strumenti ammiccanti illuminati in azzurro o arancio, ma poi avevano un trasformatore adeguato per un caricabatterie da telefonino (ed infatti pesavano pochissimo), erano una ciofeca ieri e lo sono vieppiù oggi.
Purtroppo però anche i prodotti, specie gli ampli, di qualità e prezzo elevati non è detto che musicalmente fossero validi. Sono discorsi che ho già avuto occasione di fare, ma ricordo che purtroppo negli anni '70 - '80 era invalsa la convinzione che gli apparecchi si valutassero con gli strumenti di misura anziché con le orecchie, convinti che se al banco un apparecchio dava riscontri eccellenti, dovesse anche suonare bene. E ci si convinceva anche di ciò: quindi apparecchi afoni venivano descritti come dotati di un suono neutro, rigoroso, privo di false colorazioni. La verità era invece che suonava da cesso.
Ricordo di avere conosciuto Bartolomeo Aloia, titolare della STEG e più avanti produttore di apparecchi marchiati col suo nome. Era un vate in materia, autore di moltissimi articoli tecnici decisamente contro corrente. Una volta raccontò che aveva organizzato una seduta d'ascolto con alcuni musicisti, nella quale aveva sottoposto al loro giudizi tre amplificatori che precedentemente aveva misurato al banco: un costosissimo Accuphase, che a livello estetico era sicuramente il più bello, un "suo" ST-140, che era un integrato abbastanza economico, ed un inarrivabile Pre + Finale Audio Research valvolare.
Le misure strumentali avevano decretato vincitore assoluto l'Accuphase, che restituiva un'onda quadra che sembrava fatta con la squadra da disegno ed una risposta di frequenza piatta come una linea tirata col righello ed una distorsione armonica dove prima di trovare un valore numerico bisognava scorrere una lunga fila di zeri preceduti da una virgola. Al secondo posto si piazzava lo STEG, con dei risultati più che discreti. I riscontri dell'Audio Research erano quasi sconcertanti da quanto apparivano, specie su alcuni parametri, inferiori a quelli dell'Accuphase.
Il giudizio unanime d'ascolto era esattamente ribaltato: migliore in assoluto il due telai americano, secondo con un certo distacco lo Steg, ultimo con ignominia l'Accuphase.
Eppure anche dal punto di vista della qualità costruttiva l'Accuphase risultava ineccepibile: nessun componente economico né sottodimensionato. Semplicemente era figlio della sua epoca e del credo che a ottime misure dovesse corrispondere ottimo suono.