Senza alcuna vena polemica, un ultimo tentativo di affermare qualcosa che ritengo veritiero.
Prendendo in considerazione l’arco temporale dal 1920 al 1930, in Italia sono documentati 11 nel 1920 e 18 nel 1930 (Fr. Speidel ha chiuso nel 1929) laboratori artigianali/industriali (compresi i brand come Aurora, Montegrappa etc.) che rivestivano penne per proprio conto o per terzi, tutti incentrati nel Nord Italia (esclusi 5-6 tutti gli altri concentrati a Milano). Nel 1940, tra entrate ed uscite, erano sempre 18.
Prima domanda da porsi è: come mai non vi è un laminatore di penne (neppure tarocche) nella zona intorno a Napoli che sin dall’800 era uno dei più importanti distretti orafi italiani?
Ma torniamo a noi.
Se la media dei laboratori nel decennio era di 14-15, quanti potevano essere i laboratori satellite che producevano pezzi in oro (minuterie) per questi 14?
Mi sembra che i numeri parlino da soli (a pieno regime l’industria dei Fratelli Cavaliere aveva 15-25 dipendenti), ma se anche vi è stato nei censimenti un errore al ribasso del 100%, vuol dire che i laboratori attivi erano 30 (la popolazione italiana, se la memoria non mi inganna, in quegli anni non era superiore a 30 milioni).
Quante potevano essere le aziende di minuterie che gravitavano intorno a questi 30? Sicuramente qualcosa c’era, ma non effettuava certo le lavorazioni importanti che contraddistinguevano la penna o il laboratorio.
L’impressione che i laboratori fossero molti di più viene dalla enorme varietà di nomi (ne ho sinora raccolti poco più di un centinaio) che si attribuivano alle penne prodotte, ma questo era dovuto ad una curata attenzione al cliente: la persona che ordinava una penna nuova poteva personalizzarla col nome desiderato (ho una penna MURA, tipico cognome sardo, altra ET-ULTRA, per qualche squadra sportiva? altra LONGINES, ELIDE etc.).
Quindi se anche vi era un mercato sommerso che serviva 30 laminatori, quanto grande poteva essere? Forse le dita di una mano bastano per contarli.
Mi sembra più logico credere all’esistenza di un mercato parallelo, anche più grande di quello ufficiale che produceva imitazioni in toto o in parte delle penne più blasonate e costose (ecco perché talvolta troviamo due pezzi apparentemente uguali su penne diverse, ma uno sembra una brutta copia dell’altro, abbiamo in mano un pezzo originale ed uno “tarocco”, uno sicuramente in oro, l’altro solo galvanizzato in oro), tutto questo alla pari di quello che era accaduto in America ove le imitazioni delle Waterman, Parker etc. rivestite in oro dilagavano tanto che chi acquista oggi una di quelle penne, ha buone possibilità di acquistare rivestimenti, seppur decenti, non originali.
Mi scuso con chi mi ha seguito sin qui se l’ho annoiato.