Autore Topic: Il disperato XXI secolo della stilografica italiana  (Letto 700 volte)

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Online turin-pens

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Il disperato XXI secolo della stilografica italiana
« il: Giugno 07, 2025, 12:45:53 pm »
A cavallo tra gli anni ’90 e i primi anni 2000, la stilografica made in Italy tentò un’arrembante zampata a livello mondiale, posizionando sul mercato diversi brand e modelli che riscossero un certo successo commerciale.
Come ben sappiamo, però, quella fragorosa zampata si rivelò essere un fuoco fatuo, sia nella durata che nella qualità, mostrando in breve tempo tutti i limiti e i difetti che oggi conosciamo bene — difetti su cui si è scritto e si continua a scrivere ancora oggi — e portando, negli anni successivi, al fallimento di un nutrito numero di aziende, più o meno strutturate.

Nel corso del tempo, alcune di queste aziende hanno tentato di risollevarsi, riproponendosi con nuove vesti e dichiarando di aver imparato dai propri errori, promettendo che, da quel momento in poi, tutto sarebbe stato diverso.

Ma è davvero così?
Hanno davvero imparato dai propri errori?

Proviamo a scoprirlo.

Nelle immagini seguenti potete vedere una Delta Bio16, un nuovo modello che dovrebbe rappresentare il nuovo corso della Delta e, in qualche modo, diventare il simbolo della rinascita. Un intento ambizioso, sottolineato anche dalla scelta di utilizzare la galalite come materiale per corpo e cappuccio.
Non si tratta di una novità assoluta: già negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, diverse aziende si cimentarono, con alterne fortune, nella produzione di penne stilografiche in galalite — come, ad esempio, la Novum in galalite rossa, oggi esposta presso il museo Officina della Scrittura.

Mettiamo per un attimo da parte la questione estetica e costruttiva legata alla galalite, e concentriamoci su ciò che davvero conta in una stilografica: il gruppo scrittura, ovvero condotta e pennino. Come ho ampiamente descritto nel mio libro Condotta e Pennino – Cuore e anima della stilografica, questa è a tutti gli effetti la parte viva dello strumento.

 Il pennino

Sul pennino c’è poco da dire: si tratta di un comune pennino in acciaio, di produzione tedesca standard, senza infamia e senza lode. È privo di centina e completamente privo di reattività: in sostanza, un pennino "sordo", come purtroppo accade in gran parte della produzione Bock/Jowo.

 La condotta

Se già il pennino non promette nulla di buono, la condotta è un vero e proprio disastro.
Come si può vedere nelle immagini sottostanti, è realizzata in plastica stampata. Nulla di sorprendente, fin qui. Ma oltre al danno, arriva anche la beffa: il taglio capillare è mal eseguito, sfibrato, irregolare, storto — e quindi del tutto incapace di trasportare correttamente l’inchiostro.

E non è finita.
Dalle fotografie si nota chiaramente che, oltre alla pessima realizzazione, la condotta è talmente fragile (non è chiaro se per la lavorazione o per la qualità del materiale impiegato) da non presentare alcuna traccia di quella rigidità minima che ci si aspetta da una condotta degna di questo nome. Anzi, è esattamente il contrario: è molle, tanto che si piega in ogni direzione semplicemente poggiandoci due dita.
Immaginate cosa succede quando è montata nella penna e si applica una minima pressione, anche solo con il peso della mano: la condotta si flette, si stacca dal pennino e provoca la classica interruzione di tratto.

Non solo: data l’assenza totale di rigidità, anche il minimo movimento deforma il capillare, che si strozza in uno o più punti, interrompendo di fatto il flusso di inchiostro. A tutto questo, si aggiungono altre problematiche che questa condotta si porta dietro.

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Online Giuseppe Tubi

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Re:Il disperato XXI secolo della stilografica italiana
« Risposta #1 il: Giugno 07, 2025, 14:23:52 pm »
Quanto ci racconti, documentato in modo esauriente dalle immagini, è a dir poco sconcertante. Le Delta non hanno mai brillato sotto il profilo tecnico, però mediamente erano penne gradevoli: ricordo la serie Novecento" in ebanite e più avanti la Dolcevita, decisamente belloccia nella sua livrea giallo - nera. Le cose più tragiche sono successe quando la casa napoletana ha voluto cimentarsi con la celluloide (o quel che era) con penne tipo la Pompei, che si distruggeva per il veloce deterioramento del materiale. Però insomma, volendo scavare tra le ceneri della Delta qualcosa di buono si poteva trovare su cui basare una rinascita del marchio: il design di alcuni modelli, i materiali utilizzati (celluloide a parte), per esempio. Ci sarebbe stato invece da concentrarsi sul migliorare il gruppo scrittura, sempre abbastanza carente sulle penne Delta. Cosa avviene invece? Che si va a rispolverare un materiale come la galalite (ricavata dalla caseina del latte) che esteticamente potrebbe anche andare, ma che è igroscopico e messo a contatto prolungato con l'acqua l'assorbe deformandosi irrimediabilmente. D'accordo che l'immersione in acqua può essere evitata, ma se la penna dovesse avere successo inevitabilmente succederebbe che qualcuno ignaro la metta a bagno per pulirla. E tutto questo a fronte di quali vantaggi? Quello di chiamare "Bio" la penna? Mi pare che oggi siano disponibili materiali moderni per tutti i gusti, e se si vuole proporre qualcosa di "vintage" ci sia sempre la vecchia ebanite che non ha mai tradito. Ma manca ancora l'ultimo tocco: quello di andare a scovare sul mercato la condotta più oscena tra quelle esistenti da abbinare ad un pennino da sufficienza stiracchiata. Ma a Napoli non si sono accorti che penne stanno proponendo i cinesi per modestissime somme? Ma davvero pensano di trovarsi spazi sul mercato con prodotti simili?

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Re:Il disperato XXI secolo della stilografica italiana
« Risposta #2 il: Giugno 07, 2025, 18:50:11 pm »
Quanto ci racconti, documentato in modo esauriente dalle immagini, è a dir poco sconcertante. Le Delta non hanno mai brillato sotto il profilo tecnico, però mediamente erano penne gradevoli: ricordo la serie Novecento" in ebanite e più avanti la Dolcevita, decisamente belloccia nella sua livrea giallo - nera. Le cose più tragiche sono successe quando la casa napoletana ha voluto cimentarsi con la celluloide (o quel che era) con penne tipo la Pompei, che si distruggeva per il veloce deterioramento del materiale. Però insomma, volendo scavare tra le ceneri della Delta qualcosa di buono si poteva trovare su cui basare una rinascita del marchio: il design di alcuni modelli, i materiali utilizzati (celluloide a parte), per esempio. Ci sarebbe stato invece da concentrarsi sul migliorare il gruppo scrittura, sempre abbastanza carente sulle penne Delta. Cosa avviene invece? Che si va a rispolverare un materiale come la galalite (ricavata dalla caseina del latte) che esteticamente potrebbe anche andare, ma che è igroscopico e messo a contatto prolungato con l'acqua l'assorbe deformandosi irrimediabilmente. D'accordo che l'immersione in acqua può essere evitata, ma se la penna dovesse avere successo inevitabilmente succederebbe che qualcuno ignaro la metta a bagno per pulirla. E tutto questo a fronte di quali vantaggi? Quello di chiamare "Bio" la penna? Mi pare che oggi siano disponibili materiali moderni per tutti i gusti, e se si vuole proporre qualcosa di "vintage" ci sia sempre la vecchia ebanite che non ha mai tradito. Ma manca ancora l'ultimo tocco: quello di andare a scovare sul mercato la condotta più oscena tra quelle esistenti da abbinare ad un pennino da sufficienza stiracchiata. Ma a Napoli non si sono accorti che penne stanno proponendo i cinesi per modestissime somme? Ma davvero pensano di trovarsi spazi sul mercato con prodotti simili?

Dici bene, Tra l'altro se anche il taglio capillare fosse stato realizzato correttamente, data la propensione alla deformazione della condotta, è impossibile che il capillare rimanga stabile. Nel senso pur ammettendo che sia stato realizzato correttamente o dalla Delta o da chi per loro, il solo stress meccanico dato dall'assemblaggio o un eventuale smontaggio mal eseguito, possono essere sufficienti per deformare sia la condotta che il capillare in modo quasi irrecuperabile. Difatti osservando bene le fotografie la condotta pappare come ritorta su se stessa.

 

       
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