Da appassionato di fotografia, mi piace sperimentare: le penne stilografiche sono un soggetto ideale su cui esercitarsi per provare luci, inquadrature, impostazioni e composizioni. Da un po’ di tempo ho iniziato a fotografarle poggiate su uno specchio: in parte perché l’effetto visivo mi affascina, in parte perché è una scelta poco comune. Inoltre, lavorare con superfici riflettenti rappresenta una sfida tecnica tutt’altro che banale.
Al di là del gusto personale — che, si sa, è soggettivo — noto con crescente frequenza una reazione piuttosto curiosa: molti mi chiedono se nella foto le penne rappresentate siano due. All’inizio succedeva raramente, magari una o due volte l’anno. Ma col tempo la domanda si è fatta sempre più ricorrente, e non solo da parte di neofiti, ma anche da chi si definisce “esperto”... o almeno così si presenta.
Ora, se la domanda arriva da un principiante, ci sta: nessuno nasce imparato. Ma quando a non distinguere una penna dal suo riflesso è un sedicente collezionista o un presunto esperto, resto sinceramente perplesso. È davvero possibile che si sia perso anche il senso dell’osservazione più elementare? Che si sia scesi al punto da non riconoscere più nemmeno un oggetto e la sua immagine riflessa?
