La fotografia qui sotto mostra l’interno di una penna Omas realizzata in resina di cotone (acetato di cellulosa). A un primo sguardo potrebbe sembrare tutto normale, se non fosse per quelle linee sottili che percorrono l’intera lunghezza del corpo, diramandosi in segmenti ancora più fini, quasi a ricordare i rami di un delta fluviale. Osservando con attenzione, si nota come queste linee proseguano anche lungo il filetto.
Ma cosa sono esattamente? Se pensate si tratti di segni di lavorazione o di graffi causati dal movimento del pistone, vi sbagliate. In realtà, si tratta di crepe che si sono formate nel tempo a causa del contatto continuo tra l’inchiostro e le pareti interne in acetato. A differenza, ad esempio, della prima serie Optima di Aurora — anch’essa realizzata in acetato — nelle Omas il materiale non è protetto: l’Optima, infatti, era dotata di un’anima in ottone e di un serbatoio in acrilico, che isolavano l’acetato dal contatto diretto con l’inchiostro.
Nelle Omas, invece, non essendoci né anima in ottone né serbatoio separato, l’inchiostro entra direttamente a contatto con la resina di cotone. L’acetato, essendo un materiale igroscopico, tende ad assorbire umidità, gonfiandosi e dilatandosi. Quando la penna si svuota, rilascia l’umidità accumulata. Questo ciclo continuo di assorbimento e rilascio provoca nel tempo la formazione di crepe dall’interno verso l’esterno. È proprio ciò che si osserva in questa fotografia: l’interno è ormai compromesso, mentre l’esterno appare ancora perfetto… almeno finché le crepe non attraversano completamente il corpo, emergendo in superficie e causando il ben noto fenomeno dello "sbriciolamento", ampiamente documentato in numerosi topic su forum come Pennamania.
Come si nota dall’immagine, anche la zona del filetto è già compromessa: le crepe sono molto vicine alla superficie, complice anche il diametro ridotto in corrispondenza della giunzione. Il corpo principale della penna sembrerebbe ancora in buone condizioni, ma è un’impressione ingannevole. L’interno è stato infatti alesato per 0,35 mm per lato, nel tentativo di valutare la profondità effettiva delle crepe e di lisciare le pareti interne per consentire il corretto funzionamento del pistone.
Che l’interno sia stato lavorato si intuisce anche dalla battuta a spigolo vivo visibile verso il fondello. Purtroppo, le crepe risultano talmente profonde da avvicinarsi ormai al diametro esterno: non è più possibile rimuovere altro materiale senza compromettere irreversibilmente la struttura del corpo.
Tutto ciò dimostra non solo la scarsa conoscenza tecnica che Omas aveva dell’acetato — che veniva commercialmente presentato come “resina di cotone” — ma anche l’incapacità, protrattasi per oltre trent’anni, di intervenire in modo efficace, ad esempio introducendo un’anima interna o almeno un serbatoio interno in acrilico.
