E' noto che il mio cuore batte per le vintage, ma seppur raramente qualche moderna mi è capitato di comprarla.
Alla luce dei risultati mi viene da dire "mai più l'avessi fatto". Una Visconti Voyager si è distrutta e questo non fa nemmeno più notizia perché non credo sia sopravvissuta una sola penna della prima serie.
Ultimamente, a breve distanza l'una dall'altra, ho avuto sorprese simili da una Delta Pompei e da una Tibaldi 60 costruita da Stipula, le cui misere spoglie potete vedere nelle foto allegate. Alla prima si è distrutto il puntale, le cui esalazioni hanno ossidato e il fermaglio e disgregato la vera del cappuccio. Era nuova, nella sua scatola, probabilmente mai inchiostrata. Sulla seconda faccio un piccolo preambolo: questa penna, in comune con molti altri modelli di Stipula coevi (Novecento, Etruria, ecc.) ha all'interno quello che in tutto e per tutto è un coverter, però è di grandi dimensioni molto maggiori di quelli stantard, tant'è vero che occupa l'intero corpo della penna. Sulla parte che aziona lo stantuffo s'incastra il fondello, mentre sull'imboccatura si avvita il gruppo pennino. Mi è sempre sembrata questa una soluzione furba, permettendo di realizzare penne con carica a stantuffo e di ottima capienza differenziando i modelli in produzione semplicemente cambiandone il "vestito".
Ora, cosa c'è di più semplice, funzionale, economico ed affidabile di un converter? Praticamente nulla. A qualcuno è mai capitato che si strappasse lo stantuffo o si troncasse il manettino ad un converter? Non credo proprio. Bene: alla Stipula sono riusciti, sicuramente attraverso un'attenta selezione, ad adottare i converter più di m.... mai visti in giro. Siamo in un'era in cui con la plastica si fa tutto, persino parti che lavorano in condizioni estreme di temperatura, a contatto con olii, solventi, radiazioni UV e quant'altro. Bene, in barba a ciò la plastica dei converter Stipula invece è... autodisgregante anche in condizioni ambienti del tutto salubri.
Non è trascurabile il fatto che entrambe queste penne erano decisamente care ed anche se non lo ricordo il loro costo doveva essere prossimo al milione delle vecchie lire, se non di più.
A questi casi si possono aggiungere innumerevoli Omas che in ragione dell'immonda "resina vegetale" di cui sono fatte, si contraggono, perdono gli anelli, l'accoppiamento corpo/cappuccio da avvitato che era diventa ad incastro, per non parlare delle dorature che si consumano a guardarle, delle guide stantuffo che si tranciano ecc.
Recentemente un amico mi ha affidato una Omas 360 "mezzo", credo che si chiami: una penna a cartuccia che però ha l'originalità che svitando il fondello il corpo si scosta dal puntale rivelando l'alloggiamento per la cartuccia. L'avranno anche definita una penna economica, ma sicuramente costava qualche centinaio di euro. Purtroppo non è riparabile perché è incollata e non si smonta.
Per contro, pur non potendo menzionare una statistica significativa, devo dire che per mia esperienza dalle giapponesi Pilot non ho mai avuto problemi e dalle Pelikan neppure. Su una Montblanc invece si è sfogliata la doratura dall'anello sotto il fondello e su qualche altra penna ho visto problemi di diversa natura, sempre sulle dorature. Cose sicuramente seccanti ma quisquilie rispetto a quanto sopra elencato.
Omas e Delta sono fallite; Stipula credo che sia stata rilevata quando aveva un piede nella fossa ed ora fa capo ad un'altra società, sui cui prodotti attuali non ho riscontri.
Lo dico col groppo in gola, ma lo dico lo stesso, augurandomi naturalmente che chi ci lavorava abbia trovato un altro impiego: se siete falliti vi sta bene, non meritavate un destino diverso.
P.S. dimenticavo Aurora: sicuramente si sono guadagnati una dose industriale di maledizioni ed accidenti da parte degli acquirenti della prima serie delle Optima, che in tempi più o meno rapidi diventavano tutte bitorzolute. Non so se con un pò più di lungimiranza l'errore poteva essere evitato, ma credo che tra danno diretto (sostituzioni) e riflesso (immagine) il prezzo pagato sia stato piuttosto caro. Va comunque detto che la fabbrica Torinese non mi pare abbia mai tentato di sfuggire alle proprie responsabilità ed ancora oggi, ad oltre un decennio di distanza, provveda alla sostituzione delle penne della prima serie con l'esclusione del gruppo scrittura, che viene conservato, a condizioni decisamente vantaggiose per il proprietario della penna. Al quale tuttavia restano le giuste rimostranze per il fatto che la penna non è più la stessa ed il colore non identico: nel caso di un regalo od un ricordo particolarmente caro, non è cosa trascurabile.