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L'Alta Fedeltà del suono e la macchina ben suonante.

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pedewall:
Anche se gli audiofili amanti della Alta Fedeltà sono in questo Forum non tanti, vorrei sottoporvi alcune mie convinzioni maturate in tanti anni. Sono ormai passati più di dieci lustri da quando comprai il mio primo LP (rigorosamente in mono) che costava tanto e vi assicuro che i soldi che ballavano nelle mie tasche, come anche in quelle di tutti i ragazzi, erano allora veramente pochi; per ascoltarlo mi recavo a casa di un amico che possedeva un Philips ( il massimo in quegli anni) a batteria.
Ma andiamo con ordine.

Il tutto nasce da quanto ha scritto Stefano che chiedeva cosa ne pensassimo dei suoi "nuovi giocattoli".
Invece di limitarmi a rispondergli avendo avuto ed ascoltato quelle elettroniche con esclusione del giraCD cinese e del giraLP, pensavo di introdurre alcune argomentazioni che gli appassionati di HIFI, costantemente malati di "upgradite", ben conoscono, ma trascurano.
Non voglio certo addentrarmi in questioni tecniche, se anche ne fossi capace non ne sarei all'altezza, ma fermarmi a qualche principio di base questo si.
Considero "la macchina ben suonante" l'insieme degli apparecchi che compongono la catena che riproduce quel suono, trascuro sia i collegamenti (non sono altri che cavi atti a trasportare un segnale che se ben schermati e di sezione superiore ai 2,5 mmq, possono porre problemi trascurabili, ma tanti ci spendono una fortuna sperando di poterli eliminare senza pensare che ad azione segue reazione), sia la sorgente analogica, digitale su supporto o liquida (FLAC o similari).
Propongo di seguito alcune personali considerazioni maturate in decenni.

Elettroniche moderne o datate.
 Leggo di un preampli che costa oltre 33.000 euro ed i due finali molto di più. Se devo scegliere tra comprare un impianto HiFi od un bivano, scelgo l'appartamento, sempre. Quindi apparecchi datati che solitamente offrono tanto e costano molto meno, andranno benissimo, ma purtroppo alcuni hanno delle magagne oppure, se comprati on-line il trasporto potrebbe in parte distruggerli. Siccome non sempre si conosce chi vende o cosa vende, o si hanno conoscenze elettroniche da poter riparare il possibile danno, o si conosce qualcuno che con onestà, competenza e serietà sia in grado di farlo.
Ma quali elettroniche?

Comodità e facilità di utilizzo.
Per questo il digitale vincerà sempre sul LP:  se voglio ascoltare la D946 delle Last 3 Piano Sonatas di Schubert, in digitale la trovo in un attimo, su LP (se anche qualcuno fosse riuscito a trovarla in questo formato) ci vuole molto più tempo.
A tal proposito in un impianto utilizzo sempre un giradischi tangenziale, nessun errore radiale di lettura della puntina, cambio la testina in un attimo e ne sono disponibili tante; questi giradischi sono fuori produzione da un ventennio, non sono belli, ma se ne trovano ancora in vendita.

Che tipo di suono prediligo?
Morbido, dolce, rotondo come quello valvolare o dei piccoli (si fa per dire) ampli inglesi.
Oppure gli strapotenti apparecchi USA con tanta potenza ( ma serve?), un forte punch, ma poco definiti.

Mi fermo qui, ma per i malati di "upgradite" che sono poi la maggior parte degli audiofili, la migliore medicina è quella di avere in casa almeno due impianti in funzione: quello preferito che si usa spesso, altro di riferimento da ascoltare e confrontare quando compaiono i primi sintomi.
Un amico mi raccontava che aveva notato nel suo pre alcuni cedimenti e pensava di risolverlo facendo cambiare i condensatori di alimentazione.
Gli ho detto "prova ad ascoltare per qualche giorno questo piccolo ampli inglese, te lo presto"; mi risponde che "...quello non sarebbe mai riuscito a muovere quei due armadi che ho come altoparlanti".
Comunque lo ha portato via e, a distanza di due settimane non me lo ha reso; chiedendogli notizie mi risponde: "...ma lo sai che suona bene". 

Giuseppe Tubi:
Gli inglesi generalmente hanno sempre fatto cose che sotto l'aspetto estetico erano inguardabili, ma giudicati con le orecchie e non con gli occhi generalmente facevano scomparire apparecchi sulla carta molto più performanti ed infinitamente più belli. Nella seconda metà degli anni '70 l'alta fedeltà è "esplosa", diventando di massa. A quell'epoca i giapponesi sfornavano apparecchi accattivanti, con centinaia di manopole controlli, filtri di tutti i tipi, nei quali gli aghi di enormi VU meter illuminati di azzurro ballonzolavano al ritmo della musica indicando la potenza erogata: un piacere per la vista e, tutto sommato anche per l'udito, avvezzo sino ad all'ora all'audio di un televisore o di una radiolina a transistor.
Chi si è appassionato e non si è fermato, ammalandosi di "upgradite" ha poco a poco assunto la consapevolezza che un amplificatore accreditato di 100 watt per canale non poteva pesare 2 Kg scarsi, che era molto meglio rivolgersi a costruttori che invece di investire in fronzoli inutili il budget per la realizzazione di un ampli, lo utilizzavano per dotarlo di un'alimentazione, trasformatore in primis, all'altezza della situazione e che non si "sedesse" miseramente in corrispondenza di un pieno d'orchestra o comunque un segnale più forte. Tanto più che le tortuosità circuitali di molteplici controlli di tono, loudness & c. non giovavano affatto alla qualità del suono. E hanno capito anche che per pilotare adeguatamente casse anche a bassa efficienza, 15 watt "sani" bastano eccome.
Poi, per chi l'ascolto della musica ha una sua sacralità e non s'indispone ad aspettare una ventina di minuti almeno  prima che il suo impianto si esprima al meglio, vale sempre un principio: ci sono alcuni amplificatori a transistor che suonano decisamente bene; tantissimi, sicuramente la maggioranza, che suonano così e così, parecchi decisamente non all'altezza. Non credo che esista un amplificatore a valvole che non suoni più che bene o addirittura in modo eccellente.

stefano_R:
bene, cari amici di penna,
ho scatenato una bella discussione......, quindi provo ad esprimere anche il mio parere su queste argomentazioni.
Sono passati circa 42 anni da quando ho chiesto come regalo di compleanno un impianto Hi-Fi (ed ero piccolo...), ricevendo uno "spettacolare" Modulo 20 Akai dotato di amplificatore, giradischi, piastra a cassette e casse con i quali è iniziata la mia carriera di audiofilo.
L'upgradite mi ha naturalmente colpito e nonostante le finanze di un adolescente ho (più o meno di pari passo con le stilografiche) cambiato, permutato, venduto ed acquistato altri elementi per modificare la "catena" musicale, passando per impianti piccoli, medi, potenti, normali, raffinati o esagerati.
Inutile dire che senza scendere nella tecnica esasperata dove un transistor, una valvola, un tweeter a cupola, un woofer in sospensione pneumatica, un crossover, un equalizzatore  parametrico ecc..  motivavano la variazione, l'idea era sempre quella di migliorare la qualità del suono percepito, della complessità della dinamica e della potenza adeguata al volume con cui riempivo la mia stanza di musica.
Poi sono passati alcuni anni di stasi, o meglio di cessato vigore audio, e l'impianto che avevo mi ha accompagnato per alcuni anni immobile, fedele (Hi-Fi) e comunque soddisfacente.
Da qualche tempo però, grazie ad un cognato che commercia in apparecchi Hi-Fi su internet con negozio a Carpi, ho potuto vedere di nuovo apparecchi che negli anni d'oro dell'Hifi erano pezzi mitici (Marantz, Sansui, SAE, McIntosh...) e di colpo si è riaccesa la pulsione audiofila.
Però, a questa età, le caratteristiche ed i dettagli che si ricercano negli apparecchi sono forse cambiati e sempre più frequentemente il suono di un amplificatore "vintage" combinato a casse adeguate con una sorgente anche non particolarmente "costosa" (es. alcuni giradischi Thorens o Technics) regalano di nuovo momenti preziosi, indipendentemente dalla potenza in Watt, dal transistor, dalle valvole, dall'integrato o dalle 2 o 3 o 4 vie delle casse.
Forse ho raggiunto una serenità ed una esperienza che mi fanno valutare gli apparecchi molto meno dalla specifiche tecniche e molto di più dalle sensazioni che mi regalano.
Detto questo sabato ho ascoltato due casse AR Pi Greco 10 che suonavano veramente bene.....

Giuseppe Tubi:
La discussione che hai scatenato riprende discussioni precedenti; in alcuni di noi la passione per le penne e quella per musica ed Hi-Fi vanno a braccetto.
Ed in particolare avevo raccontato le mie esperienze con i McIntosh, che riassumo volentieri, visto che hai nominato il prestigioso marchio americano. Quella che vedi riprodotta in foto è un accoppiata preamplificatore C 28 + finale di potenza MC 2105. Negli anni '70 era un mito, inarrivabile ai più per un costo paragonabile ad un intero anno del salario di un metalmeccanico. Lo si guardava come si può ammirare una Ferrari od una Rolls Royce: sogni proibiti. Se poi qualche rivenditore in vena di generosità acconsentiva a farlo ascoltare, il momento era mistico: l'aspetto, già splendido, diventava addirittura sublime quando i due grossi strumenti del finale s'illuminavano di azzurro e tutte le scritte del preamplificatore prendevano vita con una reto illuminazione verde, cui facevano da contorno le spie colorate che indicavano le funzioni inserite. Quando si riprendeva coscienza ed il cervello era disponibile a connettersi con le orecchie c'era un attimo di perplessità ed un dubbio blasfemo si affacciava alla mente: "certo che come suono sembra un po' piatto...". Ma un tale irrispettoso pensiero veniva subito cacciato indietro dal dogma che "se suona così, vuole dire che questo che appare compassato è il suono corretto: sono gli altri apparecchi ad essere fracassoni e colorati".
Dopo una trentina d'anni nei quali nella mia magione si sono avvicendati diversi apparecchi di provata qualità sonora e con un orecchio che si è nel contempo "educato", mi è capitato di comprare ad un prezzo molto vantaggioso i due apparecchi di cui sopra: peso da autotreno, costruzione impeccabile: pannelli di cristallo, manopole in metallo pieno... Naturalmente ho voluto subito collegarli.
Non mi facevo particolari illusioni, visto il tempo passato che aveva portato i transistor MOS-FET, le circuitazioni in Classe A, ecc., ma stante che era da qualche giorno che non accendevo il mio impianto di allora (Pre e Finale Tandberg), pensavo che avrei potuto utilizzare per un po' i due telai McIntosh. Sono bastate solo poche note a farmi capire che ciò non era possibile: afono, piatto, totalmente privo di dinamica. In poche parole, un suono morto. Il paragone che più mi è sembrato calzante è quello di passare da una pallina di caucciù, che lanciata rimbalza in ogni direzione senza quasi perdere l'energia iniziale, ad una palla sgonfia che per quanta energia si metta nel tirarla, dopo un rimbalzo asfittico si ferma immobile. Come si vede sono in bella mostra, vicini al resto dell'impianto, ma assolutamente disconnessi. Ma sono tanto belli che non me ne priverei mai.
Eppure non sono sicuramente apparecchi fatti in economia, ma sembra che la preoccupazione sia stata più quella di realizzare qualcosa in grado di resistere ad ogni sollecitazione, intemperie comprese che quella di curare l'aspetto sonoro. D'altra parte in quegli anni per giudicare gli apparecchi si utilizzavano molto più gli oscilloscopi delle orecchie.
Comunque sia il mito McIntosh sembra tutt'ora resistere: immagino che ora suoneranno degnamente, ma per quanto bene possano suonare hanno dei costi assolutamente ingiustificabili. In particolare nel nostro Paese. Chissà perché....

stefano_R:
certo che anche quello che si intravede sulla mensola sopra i due McIntosh......

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