Autore Topic: Recensione: Porsche P3105 "Pure Black"  (Letto 1177 volte)

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Offline Phormula

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Recensione: Porsche P3105 "Pure Black"
« il: Novembre 11, 2016, 18:22:19 pm »
Porsche P3150 "Pure Black"

Non credo di dover spiegare chi sia Porsche. Oppure si. Perché se tutti conoscono le automobili sportive con il marchio della casa di Stoccarda, quel che non tutti sanno che attorno al marchio Porsche ruotano anche altre attività. La prima è di essere uno studio di progettazione che lavora anche per altre case automobilistica. La seconda di essere il distributore delle automobili Volkswagen in Austria e Repubblica Ceca e la terza di essere uno studio di design che, oltre alle automobili, firma anche altri oggetti. Alcuni dei quali, come questa penna, sono alla portata di chi come me non potrebbe mai permettersi una vettura sportiva. Per la maggior parte si tratta di prodotti realizzati e distribuiti da altri marchi, dei quali Porsche Design cura il design e cede in licenza il marchio “Porsche Design” ed il relativo logo “pd”. Porto con me da anni in vacanza una radio Grundig Yacht Boy P2000, che è appunto uno degli oggetti disegnati da questo atelier. Nel caso delle penne, in passato erano realizzate su licenza da Faber Castell. Da qualche anno l’azienda ha abbandonato Faber Castell per stringere una alleanza con Pelikan. Il primo frutto di questa collaborazione è la P3105 “Pure Black”, caratterizzata appunto dalla livrea completamente nera. Marco, un noto spacciatore fiorentino di strumenti di scrittura di questo forum, conoscendo la mia passione per le penne in divisa nera, me l’ha proposta ad un prezzo molto concorrenziale rispetto ai 495 del listino ufficiale Porsche Design. Vista l’esperienza estremamente positiva con la P3150, ho deciso di approfittarne e mi trovo quindi a scriverne la recensione.

Estetica e design 8
Da un oggetto che fa del design la sua ragion d’essere, non ci si può aspettare altrimenti. E’ una bellissima penna, di quelle che si lasciano guardare ancora prima che usare. E’ completamente nera, ad eccezione del pennino, in oro 18K. Uno splendido esempio di design industriale, con quel tocco di understatement tanto caro all’industria tedesca, come quelle macchine sportive che all’apparenza sembrano tranquille utilitarie ma che al primo semaforo ti fanno vedere solo gli scarichi. Per capire che si tratta di una Porsche è necessario osservarla con molta attenzione, scoprendo le scritte e i loghi incisi sul cappuccio. Tutta la penna è rivestita in nero opaco e il trattamento superficiale delle parti è molto accurato, al punto che è veramente difficile distinguere le parti in metallo da quelle in plastica. Il tappo è a vite e la corsa è sufficientemente lunga da prevenire lo svitamento accidentale. Nonostante la penna sia di dimensioni generose, Porsche non si è fatta prendere dalla mania dei pennini esagerati, preferendo montare un pennino di dimensioni medie in oro 18K, caratterizzato da una strana forma a gradino. Il pennino riporta il logo “pd”, e le scritte “750” e 18K, oltre naturalmente alla misura, nel mio caso un fine.
La penna è arrivata in una scatola di cartone con chiusura magnetica e controscatola protettiva. All’interno è presente una imbottitura sagomata in materiale espanso che protegge adeguatamente la penna e (sorpresa) un bellissimo fermacarte in metallo con il fondo rivestito in velluto con la shilouette della più famosa delle Porsche, la 911. La finitura superficiale del fermacarte è la stessa nera opaca della penna. Il mio fermacarte è stato già “reclamato” da un appassionato di questo modello.
Insomma, ce ne sarebbe abbastanza per dare il massimo dei voti, se non fosse che c’è sotto un trucco… In realtà questa penna non è una novità assoluta, ma è la riedizione in livrea Porsche di un modello Pelikan, la “Ductus”, dalla quale differisce, oltre che per il marchio, per le finiture superficiali. Infatti la “Ductus” viene venduta ad un prezzo inferiore di circa 100 Euro. Si potrebbe dire che Porsche abbia fatto nel mondo delle penne quello che ha fatto per le automobili quando ha sviluppato il suo primo SUV, la “Cayenne”, che ha la carrozzeria e molta della componentistica in comune con la Volkswagen “Touareg”. Per carità, non c’è niente di sbagliato in tutto questo, non stiamo parlando del clone di una penna scolastica da 10 Euro, la “Ductus” rappresenta il top della gamma Pelikan con caricamento a cartucce, tuttavia qualche appassionato potrebbe storcere il naso e non attribuire a questa penna il “lignaggio” che il marchio lascerebbe intendere.

Realizzazione e qualità 8

Come tradizione del marchio, è una penna realizzata con estrema cura, che ne giustifica il prezzo non proprio economico, considerato che si tratta di una penna a cartuccia, quantunque con il pennino in oro 18K. Le parti sono realizzate con cura e gli accoppiamenti sono perfetti. Non avendo mai preso in mano una “Ductus”, non sono in grado di affermare se anche la “progenitrice” sia altrettanto curata, posso solo dire che il trattamento superficiale nero opaco delle superfici metalliche (PVD – deposizione di vapori) è esente da critiche e la finitura superficiale delle parti in plastica è coerente con quella delle parti in metallo, al punto che è veramente difficile capire dove comincia l’una e finisce l’altro. Rispetto ad una verniciatura tradizionale, il trattamento PVD è molto resistente agli urti ed ai graffi e dovrebbe mantenersi inalterato anche dopo anni di utilizzo.
Anche in questo caso il massimo dei voti sarebbe assicurato, se non fosse che la penna è una “Ductus” ricarrozzata e soprattutto che per la nobile somma di 495 Euro ci si porta a casa una penna a cartucce/”converter”. Le virgolette sono intenzionali, perché il sistema di caricamento di questa penna + qualcosa di assurdo. Nelle penne “normali” per caricare la penna si svita il cilindro e si infilano le cartucce o il converter nella sezione di alimentazione. A prima vista la “Pure Black” sembrerebbe una penna a stantuffo, e invece il fondello è mendace. La “Pure Black”, che ha ereditato dalla “Ductus” anche il sistema di caricamento, per caricare la penna si deve svitare il fondello ed estrarlo. In questo modo ci si trova in mano una specie di gabbietta metallica nella quale si incastrano due cartucce Pelikan corte (o una lunga) oppure un converter carico. La penna viene fornita con in dotazione un converter Pelikan. Quindi l’unico modo per usare questa penna con inchiostro in calamaio è svitare il fondello, togliere il converter dalla gabbietta, immergerlo nel calamaio, caricarlo, infilarlo nella gabbietta e riavvitare il tuttto! Su una penna di questa classe e di questo prezzo un caricamento a stantuffo sarebbe stato la ciliegina sulla torta, e qui Pelikan avrebbe potuto mettere sul piatto lo stantuffo della serie Souveran, un meccanismo che se non ha raggiunto la perfezione, ne è molto vicino).

Peso e dimensioni 9
Non è una macchina sportiva, che per definizione deve essere compatta e leggera (come dicono gli ingegneri di pista: “se vuoi andare veloce, aggiungi leggerezza”), ma un SUV. Chiusa misura oltre 14 centimetri (142 mm per la precisione), che si riducono a 13 senza cappuccio. Il peso “in ordine di marcia” supera i 60 grammi (io ne ho misurati 62 con una cartuccia lunga). A patto di non voler scrivere con il cappuccio calzato, è ben bilanciata e l’impugnatura è sufficientemente comoda. Non ho provato a calzare il cappuccio, sia perché l’insieme mi sembra abbastanza instabile (il cappuccio aggiunge un’altra ventina di grammi di peso e quattro centimetri di lunghezza) sia per il timore di rovinare la finitura superficiale delle parti in metallo. C’è da dire che per me tenere il cappuccio da parte non è un problema, l’unica penna che uso con il cappuccio calzato  la Kaweco “Sport”. Complice il pennino molto scorrevole, è una di quelle penne che hanno solo bisogno di essere accompagnate sulla carta, scrivono sotto il loro stesso peso. Sono riuscito a scriverci per alcune ore, senza accumulare stanchezza. L’impugnatura è relativamente sottile siamo sull’ordine del centimetro, in relazione alle dimensioni della penna, che nel punto di maggior diametro misura 14,5 mm. Partendo dalla filettatura, l’impugnatura presenta un gradino e si restringe andando verso il pennino, per poi allargarsi nuovamente in fondo. Questa forma garantisce una presa salda e non affaticante anche per lunghi periodi e un controllo del tratto per certi versi inatteso. Il cappuccio da 62 millimetri è sufficientemente lungo da permettere di mantenere la filettatura in alto sul cilindro evitando che il gradino dia fastidio a chi predilige una impugnatura alta.

Pennino e prestazioni 10
La mia P3105 monta un pennino in oro 18K di misura media. Non è bellissimo da vedere, con quella forma a gradino e per certi versi è un po’ sottotono rispetto alle dimensioni della penna, ma ripaga ampiamente in termini di qualità di scrittura. Come ho già detto, ha una forma particolare “a gradino”, il foro di compensazione, il logo della doppia P, l’indicazione del materiale e della dimensione. La prima volta che lo guardi ti viene da osservarlo meglio perché la forma particolare crea l’impressione è che ci sia qualcosa che non va, come se il pennino avesse ricevuto una “botta”. Effettuato il risciacquo di rito per eliminare eventuali tracce di inchiostrature precedenti e residui di lavorazione, ho rimosso il converter in dotazione dalla gabbietta e ho montato una cartuccia di Pelikan Edelstein Topaz. Al pari della “sorella” P3150, ho capito che il consumo di carburante non è una priorità in una Porsche. Dire che il flusso è abbondante è un eufemismo. Il pennino è un fine ma scrive come un medio europeo e scarica una quantità copiosa di inchiostro sulla carta. In pratica scrive come la P3150 o una Faber Castell con il pennino medio. Del resto le Pelikan di fascia alta ci hanno abituato al flusso abbondante ed al tratto largo dei pennini rispetto alla misura nominale. Qui devo ringraziare Marco, che, conoscendo i miei gusti, si è preoccupato di ordinare fin da subito la penna con un pennino fine. Con la mia grafia minuta, non sarei riuscito a convivere con un medio e non oso pensare a chi l’ha comprata con il Broad. Messe da parte le considerazioni estetiche, il pennino ripaga con una linea intensa, nella quale si evidenziano le sfumature dell’inchiostro, grazie anche ad una certa flessibilità per via del materiale impiegato. Ovviamente conviene stare alla larga dagli inchiostri costosi (per non dover fare un mutuo dall’ “inchiostraio”) e soprattutto dalla carta scadente, per non dover combattere una battaglia persa in partenza contro feathering e bleed through. Sulla mia classica carta Rhodia/Clairefontaine non ho avuto problemi ma non oso pensare a cosa succederebbe sui blocchi di carta scadente che uso in ufficio, sui quali scrivo solo con la Lamy Safari e il pennino extrafine. Il pennino è estremamente scorrevole. Scriverci è una vera gioia, un po’ come inanellare giri di pista con una macchina sportiva, e si sa che quando si va forte i consumi (di inchiostro) salgono. Nonostante il peso elevato e le dimensioni ragguardevoli, la forma dell’impugnatura ed il diametro non molto elevato garantiscono un controllo molto preciso, la “tenuta su carta” è perfetta, anche nelle “curve” affrontate in velocità. Niente salti di tratto o incertezze, ma tante piacevoli sfumature ed un bel tratto bagnato, che, se non si ha la fregola di voltar pagina, con certi inchiostri è un piacere veder asciugare sotto gli occhi. La “prova semaforo” può dirsi superata: le ripartenze sono perfette, anche dopo qualche minuto di sosta senza cappuccio calzato.
Usandola con il converter in dotazione, temo che sarà necessario fermarsi spesso a fare rifornimento. Il che, visto il particolare sistema di caricamento, è un vero incubo. Io consiglio le cartucce internazionali lunghe. Mi sono dovuto fermare solo perché ero rimasto a piedi (avevo finito la cartuccia). Con una cartuccia Pelikan lunga sono riuscito a scrivere per una ventina di pagine A4, con la mia scrittura fitta e fronte-retro, 5-8 pagine in meno rispetto a quelle che riempirei con la Delta Dolce Vita e il pennino medio.

Caricamento e manutenzione 3
Ferdinand Porsche era un ingegnere della vecchia scuola, di quelli che la perfezione può dirsi raggiunta non quando non c’è più niente da aggiungere, ma quando non resta più niente da togliere. Infatti il Maggiolino, nella sua versione originaria, è un capolavoro di semplicità, così come lo erano le prime Porsche. Nel caso della “Pure Black” invece ho l’impressione che in Pelikan abbiano lasciato la briglia un po’ troppo sciolta ai progettisti. Se il caricamento a cartuccia/converter può essere in qualche modo tollerato su una penna di questa fascia di prezzo in virtù della sua robustezza e semplicità, nonché delle preferenze della clientela a cui è destinata, il sistema a gabbietta ideato da Pelikan per la “Ductus” e traslato su questa Porsche è ai confini dell’incubo. Mi ricorda il caricamento del rullino nelle vecchie Leica a telemetro, operazione che, in mancanza di un tavolo, richiedeva acrobazie da giocolieri. Anche qui, unico difetto in una macchina fotografica talmente semplice da essere perfetta già negli anni ’40 del secolo scorso e tuttora in produzione. Il meccanismo di caricamento sembra fatto apposta per rendere tutto più difficile, a partire dal normale flussaggio sotto il rubinetto per rimuovere i residui in occasione di un cambio di inchiostro. Fatto il risciacquo bisogna armarsi di pazienza per asciugare l’interno del cilindro, facendo penetrare lo straccio arrotolato per parecchi centimetri. Una volta caricata la penna, per verificare la quantità di inchiostro residua nella cartuccia bisogna svitare il fondello ed estrarre la gabbietta con le cartucce. Conviene farlo tenendo la penna in posizione verticale con il pennino rivolto verso l’alto, per evitare che sfilando la cartuccia, l’inchiostro possa gocciolare nel cilindro e seccarsi o sporcare l’esterno della cartuccia una volta riavvitata la gabbietta. Io consiglio le cartucce Pelikan lunghe, per ridurre al minimo il numero di “estrazioni”, sia per le verifiche di livello che per i controlli. Al di là della scomodità, temo che un converter alla lunga soffrirebbe questo continuo “metti e togli”. C’è da dire che in Pelikan hanno avuto il buon senso di realizzare la gabbietta in metallo, e questo dovrebbe garantire al sistema anni di funzionamento senza problemi.

Qualità/Prezzo 6,5

Il giudizio si riferisce al prezzo di listino: poco meno di 500 Euro per una penna veramente ben fatta, ma che non nasconde di essere il clone di una Pelikan e con un sistema di caricamento in grado di mandare in paranoia l’appassionato. Anche considerando il bellissimo fermacarte incluso nella confezione, mi riesce molto difficile dare un voto più alto, a meno di non poter sfruttare uno sconto. Più che in altre penne, nell’acquisto di questa P3105 entra in gioco la componente irrazionale. Come nei migliori manuali di astrologia, l’acquisto è possibile solo se si verifica l’allineamento dei pianeti: marchio blasonato, design che cattura e prestazioni ineccepibili del pennino, allineamento astrale che permette di eclissare, il prezzo di acquisto, il sistema di caricamento assurdo ed il design “particolare” del pennino.

Conclusioni 8
Non costa poco, pesa tantissimo, ma va fortissimo e consuma parecchio. Non è una penna, è un SUV di quelli che si usano per scorrazzare nel deserto... Nonostante ciò posso considerare soddisfatto. Sapevo a cosa andavo incontro, è una occasione che ho colto al volo grazie a Marco e sono contento di averlo fatto. Mi sono trovato tra le mani una penna che scrive benissimo, è molto comoda da impugnare e tutto sommato ne ho messi da parte i difetti, a cominciare dal sistema di caricamento. So che la userò solamente a cartucce lunghe, fortunatamente Pelikan ha recentemente traslato in cartuccia gli inchiostri della serie Edelstein e il Topaz in particolare rende molto bene su questa penna. Consiglio caldamente di non comprare questa penna a scatola chiusa, va vista dal vivo e presa in mano, ma di non aspettare troppo se la si vuole acquistare, perché l’informazione che ho io è che si tratta di una serie speciale.



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